Il discorso della montagna, le parabole del Signore Gesù, i comandamenti
6. Il discorso della montagna
Le beatitudini (Matteo 5:3-12)
Il sale e la luce (Matteo 5:13-16)
La legge (Matteo 5:17-20)
L’ira (Matteo 5:21-26)
L’adulterio (Matteo 5:27-30)
Il divorzio (Matteo 5:31-32)
I giuramenti (Matteo 5:33-37)
Occhio per occhio (Matteo 5:38-42)
Amerai i tuoi nemici (Matteo 5:43-48)
Istruzioni sull’elemosina (Matteo 6:1-4)
La preghiera (Matteo 6:5-8)
7. Le parabole del Signore Gesù
La parabola del seminatore (Matteo 13:1-9)
La parabola della zizzania (Matteo 13:24-30)
La parabola del granello di senape (Matteo 13:31-32)
La parabola del lievito (Matteo 13:33)
Spiegazione della parabola della zizzania (Matteo 13:36-43)
La parabola del tesoro (Matteo 13:44)
La parabola della perla (Matteo 13:45-46)
La parabola della rete (Matteo 13:47-50)
8. I comandamenti
Matteo 22:37-39 Gesù gli disse: “Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e il primo comandamento. Il secondo, simile a questo, è: “Ama il tuo prossimo come te stesso”.
Anzitutto diamo un’occhiata a ciascuna parte del “discorso della Montagna”. A cosa si riferiscono? Si può dire con certezza che sono più nobili, più concrete e più vicine alla vita delle persone rispetto alle regole dell’Età della Legge. Per usare termini moderni, sono più attinenti alla pratica effettiva degli uomini.
Leggiamo il contenuto specifico del seguente passo: come devi interpretare le beatitudini? Che cosa devi sapere della legge? Come deve essere definita l’ira? Come devono essere trattati gli adulteri? Che cosa si dice, e quali regole vigono, riguardo al divorzio? Chi può divorziare e chi no? Che cosa si dice dei giuramenti, di “occhio per occhio”, di “amerai i tuoi nemici”, delle istruzioni per l’elemosina? E così via. Tutte queste cose hanno a che fare con ogni aspetto della pratica della fede in Dio da parte degli uomini e del loro seguire Dio. Alcune di queste pratiche sono valide ancora oggi, ma sono più rudimentali rispetto alle attuali necessità delle persone. Sono verità abbastanza elementari che esse incontrano nella fede in Dio. Dal momento in cui il Signore Gesù iniziò la Sua opera, stava già cominciando a operare sull’indole della vita degli esseri umani, ma essa si basava sul fondamento delle leggi. Le regole e i detti su questi argomenti avevano qualcosa a che fare con la verità? Naturalmente sì! Le regole precedenti, i principi e il discorso nell’Età della Grazia si riferivano tutti all’indole di Dio, a ciò che Egli ha ed è, e ovviamente alla verità. Qualunque cosa Dio esprima, comunque la esprima o qualunque tipo di linguaggio usi, il fondamento, l’origine e il punto di partenza delle Sue parole si basano tutti sui principi della Sua indole, su ciò che Egli ha ed è. Su questo non c’è possibilità di errore. Così, benché ora le cose che ha detto sembrino un po’ superficiali, non si può comunque dire che non siano la verità, perché nell’Età della Grazia furono indispensabili affinché le persone potessero soddisfare la volontà di Dio e produrre un cambiamento nell’indole della loro vita. Puoi dire che qualcuna delle cose esposte nel discorso non sia in armonia con la verità? No! Ciascuna di loro è la verità perché erano tutte prescrizioni di Dio per l’umanità; erano principi e un campo d’azione stabiliti da Dio per indicare la condotta da tenere, e rappresentano la Sua indole. Tuttavia, in base al livello della loro crescita nella vita di quel tempo, gli uomini furono in grado soltanto di accettare e di comprendere queste cose. Siccome il peccato dell’umanità non era ancora stato cancellato, il Signore Gesù poté soltanto pronunciare queste parole e usare questi semplici insegnamenti all’interno di questo ambito per dire alle persone di quell’epoca come agire, cosa fare, entro quali principi e limiti fare le cose, e come credere in Dio e soddisfare le Sue prescrizioni. Tutto ciò veniva determinato in base alla levatura dell’umanità di quel tempo. Per le persone che vivevano sotto la legge non fu facile accettare questi insegnamenti, dunque ciò che il Signore Gesù insegnò dovette rimanere confinato entro questo ambito.
Ora diamo un’occhiata al contenuto delle “parabole del Signore Gesù”.
La prima è quella del seminatore. È una parabola molto interessante; la semina è un evento frequente nella vita delle persone. La seconda è quella della zizzania. Gli adulti e chiunque abbia seminato delle colture conoscono bene questa pianta. La terza parabola è quella del granello di senape. Tutti voi sapete cos’è la senape, vero? In caso contrario potete consultare la Bibbia. Quanto alla quarta parabola, quella del lievito, la maggior parte delle persone sa che esso si usa per la fermentazione; è qualcosa che si adopera nella vita quotidiana. Tutte le parabole commentate di seguito – comprese la sesta, quella del tesoro, la settima, quella della perla, e l’ottava, quella della rete – sono tratte dalla vita delle persone; vengono tutte dalla loro vita reale. Che tipo di immagine dipingono queste parabole? Quella di un Dio che diventa una persona normale e vive tra gli uomini, usando il linguaggio di una vita normale, utilizzando il linguaggio umano per comunicare con gli uomini e fornire loro ciò di cui hanno bisogno. Quando Dio Si fece carne e visse a lungo tra le persone, dopo aver sperimentato e osservato i loro diversi stili di vita, queste esperienze diventarono il Suo manuale d’istruzioni per trasformare il Suo linguaggio divino in umano. Naturalmente, le cose che vide e udì nella vita arricchirono anche l’esperienza umana del Figlio dell’uomo. Quando Egli voleva far capire alle persone alcune verità e una parte della volontà di Dio, poteva usare parabole simili a quelle citate sopra per parlare con gli uomini della volontà di Dio e delle Sue prescrizioni per l’umanità. Queste parabole erano tutte legate alla vita degli esseri umani; non ce n’era nemmeno una che se ne discostasse. Quando il Signore Gesù visse con l’umanità, vide i contadini lavorare i campi e scoprì cosa fossero la zizzania e il lievito; capì che gli uomini amano gli oggetti preziosi, perciò usò le metafore del tesoro e della perla; vide spesso i pescatori lanciare le reti, e così via. Osservò queste attività nella vita degli uomini, e sperimentò anche quel tipo di esistenza. Era uguale a ogni altra persona normale, mangiava tre volte al giorno e aveva abitudini quotidiane. Sperimentò personalmente la vita di una persona media e osservò l’esistenza degli altri. Quando vide e sperimentò personalmente tutto questo, non pensò a come avere una bella vita o a come vivere in modo più libero, più confortevole. Quando condusse un’autentica esistenza umana, notò la sofferenza nella vita degli uomini, la fatica, la miseria e la tristezza delle persone corrotte da Satana, che vivevano sotto il suo dominio e nel peccato. Mentre sperimentava personalmente la vita umana, notò anche quanto fossero inermi gli individui che vivevano nella corruzione, e vide e sperimentò le condizioni di infelicità degli esseri umani che vivevano nel peccato, che si smarrivano completamente nella tortura che Satana e il male infliggevano loro. Quando il Signore Gesù vide queste cose, le guardò con la Sua divinità o con la Sua umanità? Quest’ultima esisteva davvero – era molto viva –, Egli poté sperimentare e vedere ogni cosa, e naturalmente la vide anche nella Propria essenza, nella Propria divinità. Vale a dire che Cristo Stesso, il Signore Gesù fattoSi uomo vide questo, e tutto ciò che osservò Gli fece percepire l’importanza e la necessità dell’opera che aveva intrapreso questa volta nella carne. Pur sapendo Egli Stesso che la responsabilità di cui avrebbe dovuto farSi carico nella carne sarebbe stata davvero immensa, e pur essendo consapevole dell’atrocità del dolore che avrebbe affrontato, quando vide gli uomini inermi nel peccato, la miseria della loro vita e le loro fiacche lotte sotto la legge, provò un’angoscia sempre più grande e diventò sempre più impaziente di salvarli dal peccato. A prescindere dal tipo di difficoltà che avrebbe affrontato o dal genere di dolore che avrebbe patito, diventò sempre più deciso a redimere l’umanità che viveva nel peccato. Durante questo processo si potrebbe dire che il Signore Gesù iniziò a capire sempre più chiaramente l’opera che doveva svolgere e il compito che Gli era stato affidato. Diventò anche sempre più ansioso di completare l’opera che stava per intraprendere, di farSi carico di tutti i peccati dell’umanità, di espiarli al suo posto cosicché essa non vivesse più nella corruzione e Dio potesse dimenticare le colpe dell’uomo grazie a questo sacrificio per il peccato, consentendoGli di agevolare la Sua opera di salvezza dell’umanità. Si potrebbe dire che, in cuor Suo, il Signore Gesù fosse disposto a offrire Sé Stesso per l’umanità, a sacrificare Sé Stesso. Era disposto anche a fungere da sacrificio per il peccato, a farSi crocifiggere, ed era ansioso di portare a termine la Sua opera. Quando vide le condizioni sventurate della vita umana, volle ancora di più compiere la Sua missione il prima possibile, senza tardare di un solo minuto o secondo. Quando provò questa sensazione di urgenza, non pensò a quanto sarebbe stato grande il Suo dolore né a quante umiliazioni avrebbe dovuto sopportare. Nel Suo cuore aveva soltanto una convinzione: purché Si fosse sacrificato, purché fosse stato crocifisso a mo’ di sacrificio per il peccato, la volontà di Dio si sarebbe realizzata ed Egli sarebbe stato in grado di cominciare la Sua nuova opera. La vita degli uomini e la loro esistenza nel peccato sarebbero cambiate completamente. La convinzione del Signore Gesù e ciò che Egli intendeva fare erano legati alla salvezza dell’umanità, e il Signore Gesù aveva un solo obiettivo: fare la volontà di Dio cosicché Egli potesse iniziare efficacemente la fase successiva dell’opera. Questo era ciò che il Signore Gesù aveva in mente a quel tempo.
Vivendo nella carne, il Dio incarnato possedeva un’umanità normale; aveva le emozioni e il raziocinio di una persona normale. Sapeva cos’erano la felicità e il dolore e, quando vide l’umanità in questo genere di vita, capì profondamente che per condurla fuori dal peccato non sarebbe stato sufficiente darle degli ammaestramenti né fornirle o insegnarle qualcosa. Nemmeno costringerla a osservare i comandamenti sarebbe bastato per redimerla dal peccato. Solo quando il Signore Gesù Si fece carico dei peccati dell’umanità e prese le sembianze della carne peccaminosa poté ottenere in cambio la libertà e il perdono di Dio per gli esseri umani. Così, dopo che ebbe sperimentato e osservato la vita degli uomini nel peccato, nel Suo cuore Si manifestò un intenso desiderio: permettere loro di sbarazzarsi di un’esistenza passata a lottare nel peccato. Questo desiderio Gli fece avvertire sempre di più la necessità di andare alla croce e di farSi carico dei peccati dell’umanità il più presto possibile, il più velocemente possibile. Questi furono i pensieri del Signore Gesù a quel tempo, dopo che aveva vissuto con le persone e visto, udito e sentito l’infelicità della loro vita nel peccato. Il fatto che il Dio incarnato potesse avere questo tipo di volontà per l’umanità, che potesse esprimere e rivelare questo tipo di indole, è qualcosa che l’individuo medio potrebbe capire? Che cosa vedrebbe se vivesse in questo tipo di ambiente? A cosa penserebbe? Se affrontasse tutto ciò, analizzerebbe i problemi da una prospettiva elevata? Assolutamente no! Sebbene l’aspetto di Dio incarnato sia identico a quello di un uomo, sebbene Egli apprenda la conoscenza umana, parli il linguaggio umano e talvolta esprima persino le Sue idee con i mezzi o le espressioni dell’umanità, il modo in cui vede gli uomini e la sostanza delle cose è totalmente diverso da quello in cui li vedono le persone corrotte. La Sua prospettiva e l’altezza a cui Si trova sono irraggiungibili per loro. Questo perché Dio è verità, perché la carne di cui Si veste possiede anch’essa la Sua essenza, e perché i Suoi pensieri e ciò che è espresso dalla Sua umanità sono anch’essi la verità. Per le persone corrotte, ciò che Egli esprime nella carne è una serie di disposizioni di verità e di vita, non destinate a una persona sola, ma a tutta l’umanità. Nel proprio cuore, un individuo corrotto ha spazio soltanto per le poche persone che frequenta. Ci sono soltanto coloro cui vuole bene e per cui si preoccupa. Quando si profila un disastro all’orizzonte, egli pensa anzitutto ai figli, al coniuge o ai genitori, e una persona più caritatevole penserebbe tutt’al più a qualche parente o a un buon amico; si preoccuperebbe per qualcun altro? Giammai! Perché, alla fin fine, gli esseri umani sono esseri umani e possono guardare ogni cosa soltanto dalla prospettiva e dall’altezza di un uomo. Tuttavia, Dio incarnato è completamente diverso da un individuo corrotto. Per quanto comune, normale e umile possa essere, o per quanto le persone Lo guardino dall’alto in basso, i Suoi pensieri e il Suo atteggiamento verso l’umanità sono cose che nessun uomo potrebbe possedere e imitare. Egli osserverà sempre l’umanità dalla prospettiva della divinità, dall’altezza della Sua posizione di Creatore. La vedrà sempre attraverso l’essenza e la mentalità di Dio. Non può assolutamente osservarla dall’altezza dell’individuo medio e dalla prospettiva di una persona corrotta. Quando gli uomini osservano l’umanità, lo fanno con la vista umana e usano a mo’ di parametro cose come la conoscenza, le regole e le teorie umane. Ciò è nell’ambito di quello che possono vedere con gli occhi, di quello che gli individui corrotti possono ottenere. Quando Dio guarda l’umanità, lo fa con la vista divina e usa a mo’ di parametro la Sua essenza e ciò che Egli ha ed è. Questo ambito include cose che le persone non possono vedere, ed è qui che Dio incarnato e gli esseri umani corrotti sono totalmente diversi. Questa differenza è determinata dalle diverse essenze degli uomini e di Dio, e sono proprio queste a stabilire le loro identità e posizioni, nonché la prospettiva e l’altezza da cui vedono le cose. Vedete l’espressione e la rivelazione di Dio Stesso nel Signore Gesù? Potreste dire che le azioni e le parole del Signore Gesù erano legate al Suo ministero e all’opera di gestione di Dio, che erano l’espressione e la rivelazione dell’essenza di Dio. Sebbene Egli avesse una manifestazione umana, la Sua essenza divina e la rivelazione della Sua divinità non si possono negare. Questa manifestazione umana era davvero una manifestazione dell’umanità? La Sua manifestazione umana era, per sua stessa natura, totalmente diversa da quella delle persone corrotte. Il Signore Gesù era Dio incarnato e, se fosse stato davvero una delle normali persone corrotte, avrebbe forse potuto vedere la vita degli uomini nel peccato da una prospettiva divina? Assolutamente no! È questa la differenza tra il Figlio dell’uomo e le persone normali. Gli uomini corrotti vivono tutti nel peccato e, quando qualcuno vede il peccato, non prova alcuna sensazione particolare; essi sono tutti uguali, proprio come un maiale che vive nel fango e non si sente affatto sporco o a disagio: mangia bene e dorme profondamente. Se qualcuno pulisce il porcile, in realtà il maiale non si sente a suo agio e non rimarrà pulito. Di lì a poco si rotolerà ancora una volta nel fango, completamente a suo agio, perché è una creatura sudicia. Quando gli uomini vedono un maiale, pensano che sia lurido e, se lo pulisci, non si sente meglio. È per questo motivo che nessuno ne tiene uno in casa. Il modo in cui gli uomini vedono i maiali sarà sempre diverso da quello in cui i maiali percepiscono sé stessi, perché gli esseri umani e i maiali non appartengono alla stessa specie. Poiché il Figlio dell’uomo fattoSi carne non appartiene alla stessa specie degli uomini corrotti, soltanto Dio incarnato può ergerSi da una prospettiva divina e dall’altezza di Dio per vedere l’umanità e ogni cosa.
Quando Dio Si incarna e vive tra gli uomini, quale sofferenza sperimenta nella carne? Qualcuno lo capisce davvero? Alcuni dicono che soffra enormemente e, sebbene sia Dio Stesso, le persone non capiscono la Sua essenza e Lo trattano sempre come un essere umano, cosa che Lo fa sentire addolorato e offeso. Sostengono che la Sua sofferenza è veramente grande. Altri dicono che Dio sia innocente e senza peccato, ma che patisca la stessa sofferenza degli uomini e subisca la persecuzione, la calunnia e le umiliazioni insieme a loro; affermano che Egli sopporta anche i malintesi e la disobbedienza dei Suoi seguaci. La Sua sofferenza non si può misurare davvero. Sembra che voi non comprendiate veramente Dio. In realtà, la sofferenza di cui parlate non conta come vera sofferenza per Lui, perché ce ne sono di ben peggiori. Allora che cos’è la vera sofferenza per Dio Stesso? Che cos’è la vera sofferenza per Dio incarnato? Per Lui, il fatto che l’umanità non Lo comprenda non conta come sofferenza, e nemmeno il fatto che le persone abbiano delle idee errate su di Lui e non Lo vedano come Dio. Spesso, tuttavia, gli uomini ritengono che Egli debba aver subito una grande ingiustizia, che nel periodo in cui Si incarna non possa mostrare la Sua persona all’umanità e permetterle di vedere la Sua grandezza, e che Si nasconda umilmente in una carne insignificante, perciò deve essere stato atroce per Lui. Le persone si prendono a cuore ciò che possono capire e vedere della sofferenza di Dio, Gli impongono ogni genere di compassione e spesso addirittura Ne lodano un poco il dolore. In realtà c’è una differenza, un divario, tra quello che esse capiscono della sofferenza di Dio e quello che Egli sente davvero. Vi dico la verità: per Dio, a prescindere che si tratti dello Spirito di Dio o del Dio incarnato, quella sofferenza non è vera sofferenza. Che cosa patisce veramente, allora? Parliamo della Sua sofferenza soltanto dalla prospettiva di Dio incarnato.
Quando Dio Si fa carne, trasformandosi in un individuo medio e normale, vivendo tra la gente, fianco a fianco con gli uomini, non riesce a vedere e a percepire i loro metodi, le loro leggi e le loro filosofie di vita? Questi metodi e queste leggi di vita come Lo fanno sentire? Prova disgusto in cuor Suo? Perché dovrebbe provarlo? Quali sono i metodi e le leggi di vita dell’umanità? In quali principi sono radicati? Su cosa si basano? I metodi, le leggi di vita eccetera del genere umano vengono creati in base alla logica, alla conoscenza e alla filosofia di Satana. Gli esseri umani che vivono osservando leggi di questo tipo non hanno alcuna umanità e alcuna verità; sfidano tutti la verità e sono ostili a Dio. Se diamo un’occhiata alla essenza di Dio, vediamo che è l’esatto contrario della logica, della conoscenza e della filosofia di Satana. È piena di giustizia, di verità e di santità, e di altre realtà di tutte le cose positive. Dio, che possiede questa essenza e vive tra uomini simili, che cosa prova nel Proprio cuore? Quest’ultimo non è colmo di dolore? Il Suo cuore soffre, e questa sofferenza non può essere compresa o avvertita da nessuno. Perché tutto ciò che Egli affronta, incontra, sente, vede e sperimenta è la corruzione e la malvagità degli uomini, la loro ribellione e resistenza alla verità. Tutto ciò che viene dagli esseri umani è la fonte della Sua sofferenza. In altre parole, poiché la Sua essenza non è uguale a quella degli uomini corrotti, la loro corruzione diventa la fonte della Sua sofferenza più grande. Quando Dio Si fa carne, è in grado di trovare qualcuno che condivida con Lui un linguaggio comune? Non tra gli uomini. Non si riesce a trovare nessuno che sia capace di comunicare, di avere questo scambio di opinioni con Lui. Secondo te, che tipo di sentimento prova Dio in queste circostanze? Le cose di cui le persone discutono, le cose che amano, che cercano e che desiderano hanno tutte a che fare con il peccato, con le inclinazioni maligne. Quando Dio assiste a tutto questo, non è come se ricevesse una coltellata al cuore? Di fronte a queste cose, potrebbe provare gioia nel Proprio cuore? Potrebbe trovare consolazione? Coloro che vivono con Lui sono esseri umani pieni di ribellione e di malvagità. Come potrebbe il Suo cuore non soffrire? Quanto è davvero grande questa sofferenza, e chi se ne preoccupa? Chi ci fa caso? Chi potrebbe capirla? Le persone non hanno modo di comprendere il cuore di Dio. La Sua sofferenza è qualcosa che esse sono particolarmente incapaci di comprendere, e la loro freddezza e insensibilità la rendono ancora più profonda.
Ci sono persone che spesso provano compassione per la situazione di Cristo, perché un versetto della Bibbia recita: “Le volpi hanno delle tane e gli uccelli hanno dei nidi, ma il Figliuol dell’uomo non ha dove posare il capo”. Quando gli uomini sentono queste parole, le prendono a cuore e credono che questa sia la più grande sofferenza sopportata da Dio e da Cristo. Orbene, esaminando la questione dalla prospettiva dei fatti, è veramente così? Dio non crede che queste privazioni siano sofferenza. Non ha mai protestato contro l’ingiustizia delle difficoltà della carne, e non ha mai costretto gli esseri umani a ripagarLo o a ricompensarLo con qualcosa. Tuttavia, quando osserva il tutto dell’umanità, la vita corrotta e la malvagità degli uomini corrotti, quando vede che l’umanità è nelle grinfie di Satana, che è sua prigioniera e non riesce a fuggire, che le persone che vivono nel peccato non sanno cosa sia la verità, non riesce a tollerare tutti questi peccati. Il Suo disgusto verso gli uomini aumenta ogni giorno, ma Egli deve sopportare tutto questo. È questa la Sua grande sofferenza. Egli non può nemmeno esprimere completamente la voce del Suo cuore o le Sue emozioni tra i seguaci, e nessuno di loro riesce davvero a capire la Sua sofferenza. Nessuno prova neppure a comprendere o a confortare il Suo cuore, che patisce questa sofferenza giorno dopo giorno, anno dopo anno, volta dopo volta. Che cosa deducete da tutto questo? Dio non chiede nulla agli uomini in cambio di ciò che ha dato, ma a causa della Propria essenza non può assolutamente tollerare la loro malvagità, la loro corruzione e il loro peccato, bensì prova un profondo odio e disgusto, e questo fa sì che il Suo cuore e la Sua carne patiscano una sofferenza infinita. L’avevate capito? Molto probabilmente no, perché nessuno di voi è in grado di comprendere veramente Dio. Pian piano, nel tempo, potrete sperimentare tutto questo da soli.
Tratto da “L’opera di Dio, l’indole di Dio e Dio Stesso III” in “La Parola appare nella carne”