Il Signore Gesù disse, “Il sale è buono; ma se il sale diventa insipido, con che gli darete sapore? Abbiate del sale in voi stessi e state in pace gli uni con gli altri” (Marco 9:50). Egli ci ha insegnato ad essere la luce del mondo e il sale della terra, a riconciliarci con i nostri fratelli e le nostre sorelle, parenti e amici, ad essere tolleranti con gli altri e amarli così come amiamo noi stessi. Tuttavia, a causa della nostra natura peccaminosa, spesso non riusciamo a mettere in pratica questi insegnamenti. Dalla mia personale esperienza ho capito che solo attraverso la preghiera al Signore e contando su Lui possiamo essere la luce del mondo e il sale della terra.
Lavoro in un'azienda cinematografica da due anni e sono responsabile del processo post-video. Un giorno il nostro manager ci disse che avevamo una nuova collega, e nacque il problema di dove si sarebbe seduta poiché il nostro studio era davvero piccolo e non c’erano molti posti. Allora i miei colleghi iniziarono a dire: “Si siederà qui”, “Si siederà qui”. Constatando la nostra preoccupazione, il manager disse che non avremmo dovuto preoccuparci perché sicuramente avremmo trovato un posto per la nuova collega una volta arrivata. Dopo queste rassicurazioni smettemmo di parlare del problema.
Alcuni giorni dopo, il manager giunse in dipartimento con la nuova collega. Iniziò a guardarsi intorno e fissò il mio portatile, poi disse in tono scherzoso: “Chi ha un computer piccolo potrebbe sedersi in quell’angolo lì?” Sentendo quelle parole cercai di forzare un sorriso, ma nel mio cuore mi sentii veramente ansioso e deluso. Sebbene sapessi che il manager aveva detto quelle parole senza riflettere, la rabbia stipata nel mio cuore iniziò ad aumentare. Pensai: “Perché proprio chi usa un computer piccolo deve cedere il posto? Io sono un veterano! Sarebbe ingiusto chiedermi di spostarmi in quell’angolo”. Poiché la nuova collega aveva bisogno di familiarizzare con il lavoro, il manager non le aveva ancora assegnato un computer e un posto, quindi per il momento continuavamo a lavorare come avevamo sempre fatto. Tuttavia le parole del manager mi fecero preoccupare per il mio posto.
Dopo una settimana la mia nuova collega prese confidenza con il lavoro e il manager le trovò un computer preso da un altro dipartimento, di modo che potesse lavorare. Quando aveva constatato che tutti i miei colleghi avevano un computer fisso e io invece usavo un portatile aveva pensato che far spostare me sarebbe stato più facile. Mi chiese allora di spostarmi nell’angolo e mi assicurò che di lì a pochi giorni avrebbe creato una postazione per me. Ascoltando quelle parole mi sentii senza speranza e pensai: “Non mi sarei mai aspettato che avrebbe messo me nell’angolo. Ci sono così tanti posti in ufficio, perché proprio il mio? Uff! Comunque, va beh, un angolo vale l’altro, mi sposto!” Mi trasferii svogliatamente nella mia nuova postazione.
Nel preciso momento in cui mi sedetti nell’angolo guardai le spalle dei miei colleghi e iniziai a sentirmi davvero malissimo: loro potevano sedersi insieme, parlare e ridere e invece io ero così lontano da loro. Non sapevo nemmeno se mi avrebbero sentito da lì. E più pensavo in questo modo, più soffrivo, sentendomi come la quinta ruota del carro.
Nel pomeriggio il capo ci chiamò per discutere circa un nuovo progetto. Tutti i miei colleghi parlavano concitati, io invece non dimostravo il benché minimo interesse. L’infelicità occupava la mia mente e non avevo nessuna voglia di unirmi a loro nella discussione. Seduto da solo al mio posto, inebetito, pensavo: “Continuate pure a parlare del nuovo programma. Non fa nulla se mi unisco a voi oppure no”. E mentre ascoltavo la pioggia che picchiettava sui vetri, le mie emozioni divennero uggiose come il tempo. Restai lì nell’angolo, congelato, senza dire una parola. Sebbene li stessi ascoltando non potei fare a meno di iniziare a fare altro. Quando chiesero la mia opinione fui riluttante nel rispondere. Mi sentivo in forte squilibrio: sarebbe stato quello il posto che avrei occupato anche in futuro? Lavoro in quest'azienda da così tanto, sono un veterano, allora perché vengo trattato anche peggio di un novellino? Valgo così poco? Mi vennero le lacrime agli occhi.
Poiché non avrei potuto sopportare tutta quella sofferenza ancora per molto lasciai lo studio e pregai il Signore in lacrime, esternando il dolore del mio cuore. Dopo aver pregato mi sentii più tranquillo. Iniziai a pensare tra me e me: “Anche se mi sento così infelice non devo ignorare il mio lavoro; devo focalizzarmi sul quadro generale. Questo è un momento cruciale della preparazione per il nuovo progetto. Non posso portare agli altri questa negatività, altrimenti il lavoro ritarderà a causa mia”. E mentre pensavo a questo il mio cuore iniziò a sentirsi meglio. Tuttavia, una volta tornato nello studio mi accorsi di non essere in grado di discutere il progetto con loro. Restai in silenzio per tutto il pomeriggio, lì seduto da solo ad ascoltarli.
Tenni duro fino al momento di tornare a casa. Lì pregai di nuovo, spiegando al Signore il mio problema. Dopo aver pregato cercai di capire il perché di quella mia reazione e di quell’infelicità che mi aveva impedito di lavorare normalmente solo perché il capo mi aveva cambiato di posto. Allora il Signore Gesù disse, “Or perché guardi tu il bruscolo che è nell’occhio del tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell’occhio tuo proprio? Come puoi dire al tuo fratello: Fratello, lascia ch’io ti tragga il bruscolo che hai nell’occhio, mentre tu stesso non vedi la trave ch’è nell’occhio tuo? Ipocrita, trai prima dall’occhio tuo la trave, e allora ci vedrai bene per trarre il bruscolo che è nell’occhio del tuo fratello” (Luca 6:41-42). Il Signore ci ha insegnato che nelle nostre interazioni con gli altri, quando si crea un conflitto o un disagio dovremmo prima riflettere se quello che abbiamo fatto è in linea con i Suoi insegnamenti e non cercare di trovare carenze o problemi nelle altre persone. Coloro che risolvono subito i propri problemi sono coloro che si conformano alla volontà del Signore.
Allora calmai il mio cuore e cercai di ricostruire gli avvenimenti che mi avevano portato in quella situazione partendo dal cambio di posto quel pomeriggio. Trovai la ragione per la quale mi ero sentito così contrariato e addolorato dal cambiare posto: avevo pensato che il mio capo mi stesse trattando come un nuovo impiegato e non come un veterano, e anche che la mia immagine e la mia dignità sarebbero state danneggiate. Di conseguenza mi ero sentito insoddisfatto e con il cuore agonizzante.
Il Signore Gesù ci ha insegnato ad essere il sale della terra nel mondo, portare luce alle persone che ci circondano, essere la candela che illumina con tolleranza genuina e pazienza, usare le nostre azioni quotidiane per dimostrare di essere veri cristiani che credono in Dio, Colui che ama gli altri come Se stesso. Ricordai che il Signore Gesù era Cristo, e che la Sua identità era di gran lunga lontana da quella di tutte le altre creature. Ciò nonostante Egli dovette sopportare agli insulti dei soldati e al rifiuto da parte degli ebrei, e fu addirittura crocifisso, ma non smise mai di pregare per il mondo, chiedendo a Dio, il Padre, di perdonare la loro ignoranza. Quando pensai a questo, l’umiltà che Gesù aveva dimostrato mi fece provare vergogna per me stesso. Ero stato così egoistico e mi ero fatto così tanti problemi per un piccolo posto. Non avevo per niente messo in pratica gli insegnamenti del Signore. In quel momento pregai Dio: “Sono ben disposto ad umiliarmi e a cedere il mio posto alla nuova collega non pensando più alla mia qualifica di veterano. Ovunque mi siederò, anche se il mio posto dovesse essere piccolo, continuerò a lavorare così come ho fatto sino ad ora”. Nel libro di Ecclesiaste è scritto: “Per tutto v’è il suo tempo, v’è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo” (Ecclesiaste 3:1). Cosicché quando il capo mi assegnerà un altro posto lo metterò nelle mani di Dio e aspetterò la Sua volontà.
Nei giorni successivi continuai a fare ciò che facevo sempre e discussi di lavoro con i miei colleghi. Dopo qualche tempo il mio cuore si sentì in pace. In quel periodo realizzai che quell’angolino era davvero un buon posto per me, perché era così spazioso da poterci mettere più cose. Allo stesso tempo iniziai ad essere felice e a sorridere.
Dopo pochi giorni il capo ci informò che c’era stata una nuova disposizione di personale nella nostra azienda, che uno dei miei colleghi sarebbe stato trasferito in un altro dipartimento e quindi io avrei potuto prendere il suo posto e usare il computer fisso. Dopo aver sentito ciò mi commossi. Infatti sentii che il Signore è proprio accanto a me a guardare le mie azioni. Quando decisi di seguire i Suoi insegnamenti e di obbedire a Lui il mio cuore fu libero. Grazie, Signore! Vorrò sempre essere la luce del mondo e il sale della terra tra la gente proprio come insegnano le Tue parole. Amen!